La violenta grandinata del mese scorso sulle colline intorno all’abitato e nelle contrade, ha lasciato delle ferite che non solo hanno pregiudicato la produzione della vite nella fascia che da Grisì sale a Camporeale, Sancipirello, ma che ha lasciato in coloro che con passione e con sacrificio la coltivano, grande amarezza, e disagio psicologico. Nel giro in paese alcuni viticoltori tutti laboriosamente impegnati agli ultimi scorci della vendemmia che con l’umidità ed il caldo di questi giorni hanno un gran da fare. Parlato con loro con una franca chiacchierata "Qualche volta giova parlare un poco con qualcuno delle proprie pene per alleggerire un peso", regna un’amarezza che si avverte e che alberga fastidiosamente e senza dar tregua dentro l’anima.
Solitamente piace camminare, ammirare l’ampio panorama sulla vallata di Contrada Strasatto ed ammirare l’opera dell’uomo: la vigna ben curata e rigogliosa che corre sui colli e che promette del buon vino rosso e bianco da gustare perché no in compagnia.
Lo stato d’animo durante queste camminate è quello di una persona che gode delle bellezze della natura e del piacere di fare del sano moto all’aria aperta. Sabato non è stato così. Il mio stato d’animo era influenzato da quello che vedevo e sentivo. Dalla desolazione di una natura ferita, ma anche (più forte e frustrante) dall’assistere senza poter fare granché al tenace lavoro di brava gente che, con sacrificio e passione, da generazioni coltiva la vite sulle colline che abbelliscono il paesaggio. Non è certo piacevole vendemmiare in una vigna dove la maggior parte dei grappoli è stata martoriata dalla grandine. Grappoli colpiti brutalmente dalla tempesta mentre erano nell’ultima fase di maturazione con un delicato e cristallino color biondo e che ormai sotto l’azione sferzante e distruttiva del ghiaccio sono di un brutto color marrone marcio, quasi neri.
Fortuna che come si dice da queste parti “a terra avi u sucu” che in qualche modo preserverà le caratteristiche di buoni vini.
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